L'anfesibena
o anfisbena
è un mitico
serpente
dotato di due
teste,
una ad ogni estremità del corpo, e di occhi che brillano come
lampade. Secondo il mito greco, l'anfisbena fu
generata dal sangue
gocciolato dalla testa della gorgone
Medusa
quando Perseo
volò, stringendola in pugno, sopra il deserto libico.
L'anfesibena
come creatura mitologica e leggendaria è stata citata da Marco
Anneo Lucano
e Plinio
il Vecchio.
Viene citata, inoltre, da Dante
nel canto 24 dell'Inferno
e da Borges
nel suo Manuale
di zoologia fantastica.
È stata citata anche da Francesco
Guccini
nel suo ultimo album L'ultima
Thule.
Araldica
La
rappresentazione araldica ordinaria dell'anfesibena, detta più
correntemente "anfisbena", è quella di un serpente
disposto a forma di 5 o di S, inanellato e con una seconda testa al
termine della coda. Le due
teste
gli permettono di procedere sia in avanti che all'indietro senza
differenza. Quando una testa dorme, l'altra resta sveglia in guardia.
Le
due teste sono abitualmente di smalto oro o argento, quella
superiore, e nero, quella inferiore. Questa rappresentazione
simboleggia la vittoria del Bene sul Male. Nella sua forma più
completa l'anfisbena mostra la parte luminosa alata e quella oscura
membrata, cioè con un paio di zampe scagliose. Quando è
rappresentata con le due teste unite, queste non sono differenziate
e, dunque, lo smalto non ha rilevanza.
L'anfisbena
può essere blasonata sia con gli attributi dei carnivori sia con
quelli degli uccelli.