Ker
o Chere era nella mitologia greca la personificazione del destino dei
guerrieri o della morte violenta che colpiva durante duelli o azioni
furtive. Robert Graves nei suoi testi la cita come la "grande
dea Ker".
Nella
Letteratura
Esiodo
nella sua Teogonia, la distingue in due figure (quale Morte o quale
Destino). Al verso 211 come Ker, la Morte violenta, nata da Nyx (la
Notte) per
partenogenesi, poi, al verso 217 è menzionata in plurale, le Keres,
sempre figlie di Nyx, da intendersi come inviate del Destino. Queste
ultime a volte sono identificate con le Moire.
Nell'Iliade
viene raffigurata, assieme a Eris (la
Discordia) e a Kydoimos
(il Tumulto)
nel campo di battaglia, con un lungo mantello macchiato dal sangue
degli uomini uccisi che da lei stessa venivano portati al cancello
dell'oltretomba.
Eschilo,
nella sua tragedia La
pesatura delle vite
descrive la battaglia tra Achille e Memnone, in cui immediatamente
prima Zeus ne pesa le Kères, intese qui quali fati,
geni della morte,
o appunto, le vite dei
guerrieri. In
quest'ultima identificazione, come le anime dei morti, è ripresa
talvolta nella tradizione popolare, nelle quali necessitano di
sacrifici per essere placate.
Simbolismo
Rappresentano
o direttamente la Morte violenta, o il Destino che accompagna ogni
essere umano scandendo i ritmi vitali e delineando il tipo di morte
che spetterà al soggetto; quindi nei momenti pericolosi come
battaglie e azioni eroiche, le Chere,
in entrambe le concezioni, affiancano l'individuo.
Sono
talvolta raffigurate come creature nere alate, dai denti aguzzi e
dagli artigli, che si nutrono del sangue dei morti e dei feriti.