La
religione egizia è l'insieme delle credenze religiose, dei
riti e delle relazioni con il sacro degli Egizi, fino all'avvento del
cristianesimo e dell'islam.
Nell'antichità
la religione egizia era considerata come un corpo dottrinale
sostanzialmente unitario, caratterizzato da un'ininterrotta
osservanza da parte del popolo presso il quale si era originato ed
impermeabile ad influenze esterne o mutamenti evolutivi.
Negli
ultimi tempi si è andata affermando una scuola di pensiero che tende
a considerare le varie dottrine e le pratiche relative al culto
distinte tra loro e inserite nel contesto storico-dinamico del loro
sviluppo. La religione egizia presenta alcuni aspetti peculiari che
la distinguono in un certo qual modo dalle altre religioni fiorite
nell'area mediterranea nell'antichità.
Culto
Locale
Una
delle caratteristiche essenziali della religiosità egizia è lo
sviluppo di culti locali, preponderante in epoca arcaica e
predinastica e causato dalla distanza e dal conseguente isolamento
dei gruppi umani.
Il
rilievo dato alle divinità nelle singole regioni territoriali può
essere spiegato anche con la divisione del paese in Alto Egitto (la
parte meridionale) e in Basso Egitto (la parte settentrionale), che
ebbero caratteristiche diverse e si svilupparono in modo indipendente
anche dopo l'unificazione territoriale.
Anche
nel periodo successivo, quando le figure divine tendono ad unirsi in
gruppi, esempio triadi, i cicli delle leggende ad esse relative erano
in rapporto con centri sacerdotali appartenenti a città diverse e
quindi spesso con diverse versioni.
Culto
per gli Animali
Un'altra
particolarità della religione egizia riguarda l'adorazione per gli
animali, cioè una religione zoolatrica, che ha una origine molto
antica, che si perde nella preistoria ed il cui ambiente naturale di
sviluppo è stato quello pastorale: ecco perché la vacca, il cui
latte era indispensabile per la vita umana, assunse il ruolo di madre
del genere umano, così come il toro e l'ariete personificarono le
forze virili.
Questi
culti non si estinsero nemmeno nell'ambito di una società agricola.
Quindi la questione circa l'origine della zoolatria nella religione
egizia resta comunque complessa ed articolata e si presta a varie
interpretazioni. Fra le tante tesi proposte per spiegare il fenomeno,
una delle più accreditate sembra essere quella che fa riferimento
anche ad un'originaria componente totemica.
Quasi
tutte le antiche divinità del pantheon egizio presentano
caratteristiche zoomorfe, basti pensare a Bastet (il gatto), ad
Hathor (la mucca), ad Anubi (lo sciacallo) e così via.
Nel
periodo dinastico, la religione egizia si avviò gradatamente verso
uno sviluppo antropomorfico della nozione del dio, anche se i
precedenti elementi naturalistici e totemici si integrarono con la
nuova concezione. Gli dei vennero raffigurati con un aspetto umano
dalla testa animale e gli animali continuarono ad essere oggetti di
culto in molte regioni perché ipostasi delle divinità.
Politeismo
Un'altra
costante riscontrabile nella religione egizia è quella politeistica.
Decine di divinità affollavano il pantheon egizio, anche se il Sole
fu sempre al centro di una venerazione particolare e probabilmente
rappresentò meglio di altri il divino in senso universale. Proprio
questa stella fu protagonista dell'unico episodio, nell'ambito della
religione egizia, di eresia monoteistica, o più correttamente
enoteistica, in quanto un dio rappresentava tutte le divinità
venerate.
Durante
la XVIII Dinastia del Nuovo Regno il faraone Akhenaton stabilì il
culto del Sole, con il nome Aton, sostituendolo alla teologia solare
tebana che adorava Amon. Lo stesso faraone cambiò il suo nome da
Amenofi ("pace di Amon") in Akhenaton ("Aton è
soddisfatto"). La nuova religione solare ebbe breve vita e già
il figlio di Akhenaton, Tutankhaton, restaurò l'antico culto,
cambiando il proprio nome in quello di Tutankhamon ("immagine
vivente di Amon").
Secondo
altri approcci nello studio della religione egizia – che tentano di
indagarne gli aspetti di carattere esoterico – diviene invece
troppo riduttivo considerarla politeistica. Gli dei (neteru)
potrebbero infatti simboleggiare la molteplicità delle forze che
permettono la vita, le funzioni della natura attraverso le quali la
Creazione è venuta in essere e si mantiene. La loro rappresentazione
attraverso immagini antropomorfiche e all’interno di una struttura
genealogica, non è che un escamotage simbolico-figurativo per
facilitarne la comprensione intuitiva ad una mentalità di natura
prettamente logica e razionale. Fermarsi infatti ad
un’interpretazione superficiale basata solo sulle apparenze,
rischierebbe di soffocarne il valore spirituale nascosto.
Gli
dei (neteru) potrebbero quindi avere lo scopo di rappresentare
le differenti sfaccettature che compongono la medesima realtà,
denominata in geroglifico neter neteru, il Dio degli dei, la
suprema divinità che le include tutte, esattamente come le diverse
sfaccettature che compongono un solo diamante. Scomporre in piccoli
sottoinsiemi la natura di un organismo o di un’entità difficile da
comprendere nella sua interezza, è insita nella modalità umana di
condurre una ricerca, ma non dovrebbe essere confusa con il fine
della ricerca.
È
probabile che gli antichi saggi egizi fossero ben consapevoli di
questa realtà, e che la loro visione fosse monoteistica esattamente
come quella cristiana, ebraica, islamica, ecc. D'altronde anche nella
cultura religiosa predominante attuale domina la tendenza a venerare
molteplici figure di santi, dove ciascun paese ha il suo patrono
esattamente come nelle città egizie veniva assegnato un dio
protettore.
Cicli
Probabilmente
il concetto più importante della religione egizia è quella del
ciclo:
il
ciclo era una sorta di susseguirsi degli avvenimenti della vita degli
egiziani che assumevano quasi una funzione di misurazione del tempo.
Ogni inondazione scandiva il periodo fertile per coltivare la terra e
così via...
I
cicli più importanti sono riportati sotto:
-
il ciclo del giorno e della notte con il sole che rinasce ogni mattina trasportato dalla sua barca solare;
-
il ciclo annuale scandito dall'inondazione del Nilo;
-
il ciclo della vita con la nascita e la morte susseguente.
Cosmogonia
Le
più antiche ideazioni egizie relative alla cosmogonia ed all'origine
degli dei risalgono all'Antico Regno. Lo sviluppo dottrinale del mito
della creazione dell'universo e del pantheon egizio avvenne nei
quattro grandi centri sacerdotali di Eliopoli, Ermopoli, Menfi e
Tebe.
Teologia
Eliopolitana
La
cosmogonia eliopolitana, nota attraverso i "testi delle
piramidi", pone al centro del mito della creazione il dio
solare Atum. Questo sarebbe nato dall'oceano primordiale (Nun), prima
della nascita del cielo e della terra. Salito su una collina, creò
con lo sputo Shu, il vuoto, e la dea Tefnut, l'umidità, che a loro
volta generarono Geb e Nut, la terra ed il cielo. Da questi ultimi
nacquero due coppie di fratelli e sorelle, Osiride, Iside, Seth e
Nefti, i quali procrearono l'umanità. L'insieme di queste divinità
forma la grande Enneade eliopolitana.
Teologia
Menfita
La
genealogia divina di Menfi, conosciuta come Trattato di teologia
menfita, ci è giunta su una stele, risalente all'VIII secolo
a.C. ed ora conservata al British Museum. La stele è detta anche
"Pietra di Shabaka". Secondo la dottrina menfita, la
creazione del mondo sarebbe opera di Ptah, che con il cuore, sede del
pensiero, e con la lingua, la parola datrice di vita, avrebbe
generato otto emanazioni di sé. Secondo questa sistemazione
sacerdotale la divinità non si accontentò di creare solamente gli
dei, ma anche le città ed i distretti egizi, insegnando agli uomini
l'agricoltura e l'artigianato apportando benessere e prosperità al
mondo.
Teologia
Ermopolitana e Tebana
Secondo
gli studiosi la cosmogonia tebana sarebbe basata su un'antica
leggenda della città di Ermopoli (Ashmunein), dove una collina di
fango sarebbe emersa dalle acque, originando otto dèi primordiali,
quattro maschili con testa di rana e quattro femminili con testa di
serpente. Queste otto divinità formarono l'Ogdoade ermopolitana, da
cui il nome di Ermopoli, che significa città degli otto. La
leggenda passata a Tebe si sarebbe trasformata e gli dei avrebbero
creato un uovo, da cui nacque Amon, il dio-sole. La collina
primordiale, secondo la teologia menfita, era personificata nel dio
Tatenen
Divinità
Gli
egizi considerarono le divinità sotto un duplice aspetto: iconico ed
aniconico; al primo fanno capo gli dei con tratti umani e quelli
raffigurati con caratteristiche teriomorfe e zoomorfe (i succitati
esempi a testa di animale). Nel secondo gruppo rientrano i fenomeni
atmosferici e i concetti astratti, come la giustizia (Maat) e la
magia (Heka). Gli dei egizi non sono trascendenti, ma sono insiti nei
fenomeni fondamentali della natura e dell'esistenza come energia
vitale, che si manifesta nell'uomo, negli animali, nelle piante,
nelle stelle. Il dio è costituito, come l'uomo, di sei elementi:
corpo (djed), doppio (ka), ombra (kh'b-t), anima
(ba), forza (skhm) e nome (rn). Questa
concezione antropomorfa è riscontrabile anche nella sistemazione
teologica che è prevalentemente attuata mediante l'associazione in
nuclei divini, che spesso erano triadi familiari, come nel caso di
Amon, Mut e Khonsu a Tebe, o Ptah, Sekhmet e Nefertum a Menfi.
Nello
specifico, il significato letterale della parola dio in geroglifico
(neter) si dovrebbe tradurre come funzione o principio.
Il simbolo che lo identifica è una bandiera, che contraddistingue un
punto di riferimento, una direzione da seguire, così sono infatti
gli dei per gli uomini; ma ancor più in profondità essa simboleggia
lo strumento per mezzo del quale una forza che non è direttamente
visibile si manifesta (sventolando lo stendardo), rivelando
così la propria esistenza attraverso la constatazione e la verifica
dei suoi effetti. Tale definizione rende difficile scindere gli
aspetti religiosi da quelli scientifici. In effetti, nella lingua
geroglifica non esistevano termini per identificare e differenziare
questi due concetti.
Culto
Il
sacerdozio egizio era strutturato in una complessa gerarchia, al cui
più alto grado c'era il faraone. La decisione di costruire i templi
e le relative cerimonie per la loro fondazione erano di prerogativa
reale. I grandi sacerdoti, residenti nei centri di culto,
presiedevano alle operazioni rituali in onore degli dei, come
sostituti del re. Nel culto, la divinità era rappresentata da una
statua collocata nel sancta sanctorum. Nei servizi giornalieri, essa
veniva purificata, vestita e le veniva offerto il pasto quotidiano.
Durante le feste annuali, il dio veniva portato trionfalmente in
processione, spesso su barche in navigazione sul Nilo, ed era fatto
oggetto di offerte e donazioni. Per l'occasione venivano organizzati
banchetti sacri e rappresentazioni teatrali, che raccontavano gli
avvenimenti principali della vita del dio.
Templi
Generalmente
l'edificio sacro tipico del Nuovo Regno è preceduto da un lungo
viale fiancheggiato da sfingi, che conduce ad un corpo centrale
trapezoidale. Al centro si apre il portale d'ingresso attraverso il
quale si accede ad una vasta corte centrale, seguita da una sala
colonnata. Seguono i vari ambienti templari, fra cui la cappella,
dove risiede la statua del dio.
Religione
Funeraria
Gli
Egiziani non consideravano la morte come estinzione completa
dell'uomo, ma piuttosto la negavano ritenendo che ci fosse una
continuazione della vita nell'oltretomba, concepita come una vera e
propria immortalità. Per la concezione egizia nell'uomo vi sono
degli elementi soprannaturali, comuni alla divinità, che permettono
una vita senza fine:
-
l'akh, la forza divina, rappresentata dal geroglifico dell'ibis;
-
il ba, l'anima, raffigurata come un uccello (il benu, la fenice egizia);
-
il ka, lo spirito o la forza vitale.
Rito
Funebre
Perché
il corpo del defunto possa continuare a vivere nell'aldilà è
necessario che esso sia preservato integro. Tale fine veniva
assicurata tramite la tecnica della mummificazione, che simboleggiava
il rito compiuto da Anubi sul cadavere di Osiride per renderlo
immortale.
Il procedimento conservativo consisteva nell'asportazione dei visceri (fegato, polmoni, intestini e stomaco), che venivano avvolti in bende e conservati in quattro vasi, detti canopi. Il cadavere veniva successivamente trattato con vari ingredienti (natron, olio di cedro, resine), avvolto in bende e deposto nel sarcofago, in genere antropomorfo e fatto di legno o di pietra. Seguiva la processione verso la tomba, dove, prima della sua chiusura, veniva compiuto il rito dell'apertura della bocca. Il sacerdote toccava simbolicamente le labbra del defunto, con appositi strumenti, in modo che esso potesse parlare e cibarsi delle offerte lasciategli accanto.
In epoca storica le tombe egizie erano sostanzialmente di tre tipi: l'ipogeo spesso identificato nella tomba rupestre scavata nella parete rocciosa, la mastaba, costituita da una cappella sovrastante la camera sepolcrale sotterranea, e la piramide, utilizzata come cenotafio del faraone essendo più che altro una tomba mitica, dato che non sono mai state ritrovate mummie al suo interno.
Le tombe rupestri presentano almeno due tipologie di sepolture che sono: la tomba a saff e la tomba a piramide. I rituali funerari ci sono pervenuti nei Testi delle piramidi, nei Testi dei sarcofagi e nel testo Che il mio nome fiorisca, più conosciuto con il nome di Libro dei morti, dal fatto che fu rinvenuto vicino ai defunti.
Il procedimento conservativo consisteva nell'asportazione dei visceri (fegato, polmoni, intestini e stomaco), che venivano avvolti in bende e conservati in quattro vasi, detti canopi. Il cadavere veniva successivamente trattato con vari ingredienti (natron, olio di cedro, resine), avvolto in bende e deposto nel sarcofago, in genere antropomorfo e fatto di legno o di pietra. Seguiva la processione verso la tomba, dove, prima della sua chiusura, veniva compiuto il rito dell'apertura della bocca. Il sacerdote toccava simbolicamente le labbra del defunto, con appositi strumenti, in modo che esso potesse parlare e cibarsi delle offerte lasciategli accanto.
In epoca storica le tombe egizie erano sostanzialmente di tre tipi: l'ipogeo spesso identificato nella tomba rupestre scavata nella parete rocciosa, la mastaba, costituita da una cappella sovrastante la camera sepolcrale sotterranea, e la piramide, utilizzata come cenotafio del faraone essendo più che altro una tomba mitica, dato che non sono mai state ritrovate mummie al suo interno.
Le tombe rupestri presentano almeno due tipologie di sepolture che sono: la tomba a saff e la tomba a piramide. I rituali funerari ci sono pervenuti nei Testi delle piramidi, nei Testi dei sarcofagi e nel testo Che il mio nome fiorisca, più conosciuto con il nome di Libro dei morti, dal fatto che fu rinvenuto vicino ai defunti.
Oltretomba
La
concezione egizia dell'aldilà ha subìto notevoli trasformazioni nel
corso dei secoli. In epoca arcaica il mondo delle anime era
considerato il cielo stellato (Duat), nel quale il dio solare passa
navigando sulle sue barche. All'incirca dalla sesta dinastia si
assiste nei Testi dei sarcofagi ad una evoluzione dei concetti
riguardanti la religiosità funeraria: la figura di Anubi,
l'originario signore degli inferi, in seguito alla crescita del culto
di Osiride, ne diviene il guardiano. Anche le tecniche di salvezza,
che precedentemente erano appannaggio esclusivo del sovrano,
gradatamente interessano anche gli uomini comuni, per primi i
proprietari terrieri e poi tutti gli altri tranne gli strati sociali
inferiori: ed ecco che chi poteva, provvedeva al culto funerario, che
comprendeva il cibo per il ka, gli appropriati riti di
sepoltura e i testi magici di preghiere, i sudari che avrebbe usato
durante il tormentoso viaggio verso la Duat.
Verso
la dodicesima dinastia si assiste ad una inversione di tendenza
riguardo alla localizzazione del regno dei morti, che viene ubicato
sotto terra e governato da Osiride, il Signore dell'Occidente.
Il dio solare Ra arreca la luce ai defunti, visitandoli ogni
notte.
Il passaggio al regno di Osiride - i Campi Iaru - doveva però essere preceduto da una operazione rituale, conosciuta come il giudizio dell'anima o psicostasia. Il cuore del defunto veniva posto sul piatto di una bilancia dove era pesata. Se il cuore era leggero come la piuma di Maat, posta sull'altro piatto, Anubi lasciava il defunto nelle mani di Osiride, altrimenti il cuore era dato in pasto al coccodrillo Ammit.
Il passaggio al regno di Osiride - i Campi Iaru - doveva però essere preceduto da una operazione rituale, conosciuta come il giudizio dell'anima o psicostasia. Il cuore del defunto veniva posto sul piatto di una bilancia dove era pesata. Se il cuore era leggero come la piuma di Maat, posta sull'altro piatto, Anubi lasciava il defunto nelle mani di Osiride, altrimenti il cuore era dato in pasto al coccodrillo Ammit.