La
mitologia romana, le narrazioni mitologiche dell'antica Roma, può
essere suddivisa in tre parti:
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Periodo repubblicano: più legata al culto è nata nei primi anni della storia di Roma, si distingueva nettamente dalla tradizione greca ed etrusca, soprattutto per quanto riguarda le modalità dei riti. Le figure dominanti del pantheon romano sono tuttavia analoghe a quelle di altri nell'ambito del Mediterraneo, in primis quelli greci, basti pensare alle corrispondenze Giove = Zeus, Giunone = Era, Minerva = Atena.
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Periodo imperiale classico: spesso molto letteraria, consiste di estese adozioni della mitologia greca ed etrusca.
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Periodo tardo-imperiale: consiste nell'assunzione di molte divinità di origine orientale, tra le quali il Mitra persiano, ribattezzato Sol Invictus, un dio a cui mostrava devozione il mondo militaresco.
Natura
dei Primi Miti Romani
È
possibile affermare che i primi romani avessero miti. Detta in altro
modo: finché i loro poeti non entrarono in contatto con gli antichi
greci verso la fine della Repubblica, i romani non ebbero storie
sulle loro divinità paragonabili al mito dei Titani o alla seduzione
di Zeus da parte di Era, ma ebbero miti propri come quelli di Marte e
di Fauno.
A
quell'epoca i romani già avevano:
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un sistema di rituali ed una gerarchia sacerdotale ben definiti
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un insieme molto ricco di leggende storiche sulla fondazione e sviluppo della loro città che avevano per protagonisti degli umani ma vedevano anche interventi divini.
Prima
Mitologia sulle Divinità
Il
modello romano comportò un modo molto diverso di definire il
concetto di divinità rispetto a quello greco che ci è noto. Per
esempio se avessimo chiesto ad un antico greco chi fosse Demetra,
avrebbe probabilmente risposto raccontando la famosa leggenda del suo
folle dolore per il rapimento della figlia Persefone da parte di Ade.
Al contrario un romano antico avrebbe risposto che Cerere aveva un
sacerdote ufficiale chiamato flamine, che era più giovane dei
flamini di Giove, Marte e Quirino, ma più anziano dei flamini di
Flora e Pomona. Avrebbe anche potuto dire che era inserita in una
triade con altre due divinità agresti, Libero e Libera e avrebbe
anche potuto elencare tutte le divinità minori con funzioni
specifiche che la assistevano: Sarritor (il sarchiatore), Messor (il
mietitore), Convector (il carrista), Conditor (il magazziniere),
Insitor (il seminatore) e altri ancora. Così la mitologia romana
arcaica, almeno per quello che riguardava gli dei, era costituita non
da storie, ma piuttosto da complesse interrelazioni reciproche tra
dei e uomini e all'interno della sfera umana, dall'una parte, e della
sfera divina dall'altra.
La
religione originaria dei primi romani venne modificata in periodi
successivi dall'aggiunta di numerose e conflittuali credenze e
dall'assimilazione di gran parte della mitologia greca. Quel poco che
sappiamo della religione romana arcaica lo conosciamo non attraverso
fonti contemporanee, ma grazie a scrittori tardi che cercarono di
salvare le antiche tradizioni dall'abbandono in cui erano cadute,
come lo studioso del I secolo a.C. Marco Terenzio Varrone. Altri
scrittori classici, come il poeta Ovidio nei suoi Fasti,
furono fortemente influenzati dai modelli ellenistici e nei loro
lavori impiegarono spesso miti greci per riempire i vuoti della
tradizione romana.
Dei
Greci e Romani
La
pratica rituale romana dei sacerdozi ufficiali distingueva nettamente
due classi di dèi, gli dèi indigeni (di
indigetes) e i nuovi dèi
(di novensiles).
Gli
dei indigeni erano gli dèi originari dello stato romano e i loro
nomi e la loro natura erano rivelati dai titoli degli antichi
sacerdoti e dalle feste fissate sul calendario; trenta dèi di questo
tipo erano onorati con feste speciali.
I
nuovi dèi erano divinità più tardi i cui culti vennero introdotti
nella città in periodi storici, di solito in una data conosciuta e
in risposta a una specifica crisi o a una determinata necessità.
Le
divinità romane arcaiche includevano, oltre agli dèi indigeni, un
insieme di dèi cosiddetti specialisti i cui nomi venivano invocati
nel corso di diverse attività, come la mietitura. Frammenti di
antichi rituali che accompagnano tali azioni come l'aratura o la
semina rivelano che in ogni fase delle operazioni veniva invocata una
divinità specifica, il cui nome derivava sempre dal verbo che
identificava l'operazione stessa. Tali divinità possono essere
raggruppate sotto la definizione generale di dei assistenti o
ausiliari, che venivano invocati a fianco delle divinità più
grandi. Il culto romano arcaico, più che essere politeista, credeva
a molte essenze di tipo divino: degli esseri invocati i fedeli non
conoscevano molto più che il nome e le funzioni e il numen
di questi esseri, ossia il loro potere, si manifestava in modi
altamente specializzati.
Il
carattere degli dèi indigeni e le loro feste mostrano che i Romani
arcaici non solo erano membri di una comunità agreste, ma amavano
anche combattere ed erano spesso impegnati in guerre. Gli dei
rappresentavano chiaramente le necessità pratiche della vita
quotidiana, secondo le esigenze della comunità romana a cui
appartenevano. I loro riti venivano celebrati scrupolosamente con
offerte ritenute adatte. Così Giano e Vesta custodivano la porta e
il cuore, i Lari proteggevano i campi e la casa, Pales il pascolo,
Saturno la semina, Cerere la crescita del grano, Pomona i frutti,
Consus e Opi la mietitura.
Anche
Giove supremo, il signore degli Dèi, era onorato perché recasse
assistenza alle fattorie e ai vigneti. In una accezione più vasta
egli era considerato, grazie all'arma del fulmine, il direttore delle
attività umane e, per mezzo del suo dominio incontrastato, il
protettore dei Romani durante le campagne militari oltre i confini
della loro comunità. Rilevanti nei tempi arcaici furono gli dei
Marte e Quirino, che venivano spesso identificati. Marte era il dio
dei giovani e specialmente dei soldati; veniva onorato a marzo e a
ottobre. Gli studiosi moderni ritengono che Quirino fosse il
protettore della comunità in armi in tempo di pace.
A
capo del pantheon
originario vi era la triade composta da Giove, Marte e Quirino (i cui
tre sacerdoti, o flamini,
appartenevano all'ordine più elevato), insieme a Giano e Vesta.
Questi dèi nei tempi arcaici avevano una individualità molto
ridotta e le loro storie personali non conoscevano matrimoni e
genealogie. Diversamente dagli dei Greci, si riteneva che non
agissero come i mortali e così non esistono molti racconti sulle
loro imprese. Questo culto arcaico era associato a Numa Pompilio, il
secondo re di Roma, che si credeva avesse avuto come consorte e
consigliera la dea romana delle fontane e del parto, Egeria, spesso
considerata una ninfa nelle fonti letterarie successive.
Tuttavia,
nuovi elementi vengono aggiunti in un periodo relativamente tardo.
Alla casa reale dei Tarquini la leggenda ascrive l'introduzione della
grande triade capitolina
di Giove, Giunone e Minerva, che occupò il primo posto nella
religione romana. Altre aggiunte furono il culto di Diana
sull'Aventino e l'introduzione dei libri sibillini, profezie di
storia mondiale, che, secondo la leggenda, vennero acquistate da
Tarquinio alla fine del VI secolo a.C. dalla Sibilla cumana.
Divinità
Straniere
L'assorbimento
degli dèi dei popoli vicini avvenne quando lo stato romano conquistò
il territorio circostante. I Romani generalmente garantivano agli dèi
locali dei territori conquistati gli stessi onori degli dèi
caratteristici dello stato romano. In molti casi le divinità di
recente acquisizione venivano formalmente invitate a trasferire la
propria dimora nei nuovi santuari di Roma. Nel 203 a.C. l'oggetto di
culto rappresentante Cibele venne trasferito da Pessinos in Frigia e
accolto con le dovute cerimonie a Roma. Inoltre, lo sviluppo della
città attraeva stranieri, a cui era consentito mantenere il culto
dei propri dèi. In questo modo Mitra giunse a Roma e la sua
popolarità tra le legioni ne fece diffondere il culto fino in
Britannia. Oltre a Castore e Polluce, gli insediamenti greci in
Italia, una volta conquistati, sembra che abbiano introdotto nel
pantheon
romano Diana, Minerva, Ercole, Venere e altre divinità di rango
inferiore, alcune delle quali erano divinità italiche, altre
derivavano originariamente dalla cultura della Magna Graecia. Le
divinità romane importanti venivano alla fine identificate con gli
dei e le dee greche che erano più antropomorfiche e assumevano molti
dei loro attributi e miti.